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Biancospino Monografia

 

Clinica - Campi di applicazione

Nessun effetto immediato nel test del nuoto sui ratti

Evidente effetto di lungo periodo sui bombici

Risultati della monografìa sul biancosp. del Min. Fed. San. (BGA)

Dosaggio e tollerabilità - Riassunto - Forme di preparazione

 

 

AD ALTA RISOLUZIONE

 

Crataegus oxyacantha (C. laevigata) Crataegus monogyna

 

II biancospino è un arbusto diffuso nei nostri boschi. Appartiene alla famiglia delle Rosacee. Le due specie di biancospino citate si differenziano appena l'una dall'altra. Crataegus oxyacantha ha foglie a tre-cinque lobi, irregolarmente seghettate, in particolare verso l'apice, e i lobi stessi presentano una forma più arrotondata. Le foglie e i rametti sono parimenti glabri. Il nome oxyacantha deriva da oxys = punta e akantha = spina. Crataegus monogyna, il biancospino monostilo, ha, come OXIACANTHA.

dice il nome stesso, solo uno stilo, mentre Crataegus oxyacantha ha per lo più due stili, più raramente anche uno solo o persino tre. Le foglie sono più profondamente incise e i lobi appuntiti. I rametti sono glabri, ma i peduncoli dei fiori sono pelosi. Morfologicamente le due specie di biancospino sono assai simili e solo con una attenta osservazione si possono distinguere. Ma ciò non è indispensabile, perché entrambi sono ugualmente efficaci ed entrambi sono impiegati in fitoterapia.

Lo spino rosso dei giardini è solo una forma a fiori rossi di biancospino, altrimenti senza altra differenza, che però non è impiegato in erboristeria. Anche alcune altre specie di biancospino, originarie in particolare del Nord-America, impiantate nei nostri giardini, non hanno alcuna importanza medicinale. Le si trova però, a volte, nella droga come sofisticazione.

Del biancospino sono impiegati principalmente i fiori, Flores Crataegi, e le foglie, Folio Crataegi Come droga si impiegano spesso insieme: Flores et Folia Crataegi (Crataegi folium cum flore). In questo caso, è molto caratteristico ritrovare in mezzo alle foglie i piccoli punti bianchi dei fiori seccati. Perciò la droga del biancospino è facile da riconoscere. Per i preparati preconfezionati sono impiegati soprattutto anche i frutti immaturi. I frutti maturi di biancospino sono rosso-lucenti e molto simili a un piccolo cinorrodo di rosa.

Il biancospino è divenuto in breve tempo uno dei più usati rimedi cardiaci, tuttavia per quanto concerne l'efficacia e il fitocomplesso la discussione è ancora del tutto aperta.

Una cosa però sappiamo con assoluta certezza: il biancospino non è un digitaloide, non contiene cioè alcuna sostanza di carattere digitalico. Nei manuali più vecchi si trova trattato il biancospino ancora accanto ai digitaloidi e questa originaria interpretazione ha portato a una deplorevole confusione di idee; glicosidi simildigitalici o ulteriori principi attivi, con cui viene compensato un cuore insufficiente, nel biancospino non sono presenti. Tutti i tentativi terapeutici in questa direzione erano destinati a fallire, cosicché per un pezzo non si è riusciti bene a capire in quali casi il biancospino fosse indicato. E come facilmente accade, si arrivò a negarne una rilevante azione complessiva. Intanto le cose sono cambiate totalmente: oggi sappiamo già moltissimo sui possibili effetti del biancospino e soprattutto ciò che nella pratica erboristica è necessario. Adesso è assodato che il biancospino è realmente una vera e propria pianta medicinale per il distretto cardiaco e per le patologie circolatorie, con particolari possibilità di azione. Anche qui è risultato che l'effetto totale è il prodotto della somma di una serie intera di principi attivi, dei quali ciascuno singolarmente preso è troppo scarso per poter essere sufficientemente obiettivato in un esperimento farmacologico, però, l'insieme dei vari componenti, così come essi si trovano naturalmente mescolati in natura, ha proprio un effetto specifico e di alto valore. Chiaramente i singoli principi non agiscono solo per reciproca addizione o sinergicamente, ma si potenziano in modo specifico.

Due sono i gruppi principali di principi attivi ritrovati nel biancospino:

1. flavonoidi come iperoside, rutina, composti flavonglicosilici;

2. procianidine oligomere, 1-epicatechina.

Essenzialmente si tratta di una miscela di diversi flavonoidi con procianidine oligomere. Queste derivano dalla catechina e hanno il nome di procianidine a causa della loro proprietà di formare con acidi minerali diluiti delle cianidine chiaramente colorate da deidrocatechine originariamente incolori. Un principio attivo principale, che possa servire come parametro per la standardizzazione, non è stato trovato. Perciò oggi si tenta, per ottenere un'azione uniforme, di standardizzare in parte in base al contenuto di flavoni, in parte in base alle policianidine oligomere.

Wagner trovò nel biancospino innanzitutto delle amine come composti inotropo-positivi (1981). Egli saggiò i fiori secchi di biancospino con l'aiuto dei modelli recentemente descritti sulle amine cardiotoniche e trovò con il test farmacologico un'evidente azione inotropo-positiva. I composti cardiotonici si trovano innanzitutto nei fiori di Crataegus oxyacantha, mentre il contenuto delle foglie e dei frutti si rivelò sostanzialmente minore. Tutte e tre le amine isolate appartengono al gruppo delle sostanze attive indirettamente simpaticomimetiche. Tuttavia questi composti possono veramente spiegare molto poco l'effetto terapeutico dei preparati di Crataegus assunti per via orale, perché essi dopo l'assorbimento intestinale vengono rapidamente idrolizzati; forse sono corresponsabili dell'azione dei preparati di Crataegus applicati per via parenterale. Ad ogni modo queste ricerche ci insegnano che il problema dell'effetto è ancora lungi dall'essere risolto. Diviene ancora una volta chiaro che la materia viva, così come si trova nelle piante officinali, pone al lavoro analitico problemi di gran lunga più difficili di quelli a cui sono abituati i ricercatori della scuola classica, che lavorano con sostanze attive chimiche isolate.

Tanto maggiore importanza in questa situazione spetta, dunque, all'esperienza pratica e clinica. A questo proposito, ha una particolare rilevanza un notevolissimo studio multicentrico in doppio cieco di tre giapponesi, Iwamoto, Ishizaki e Sato (1981). Esso è stato pubblicato in una rivista medica giapponese ed è disponibile in traduzione tedesca. La ricerca è stata condotta su un estratto alcolico di frutti e foglie di Crataegus monogyna e C. oxyacantha, la ricerca dimostrò l'efficacia del biancospino, rispetto al placebo, su alterazioni della funzionalità cardiaca corrispondenti ai livelli I e II della classificazione della New York Heart Association. Al livello patologico 1 il paziente non ha disturbi a riposo e sotto trattamento; al livello II la capacità di sforzo è limitata a un carico fisico medio,- il livello III è contraddistinto dal fatto che già con un carico modesto compare una evidente dispnea; però a riposo non si hanno disturbi, al livello IV, infine, disturbi sono presenti già in condizione di riposo. Gli autori riassumono i risultati raggiunti in una serie di tabelle. Essi si riferiscono al grado generale di miglioramento, alla differenza tra i valori prima e dopo il trattamento e al grado di miglioramento dei sintomi soggettivi e della funzione cardiaca; il numero totale dei pazienti seguiti nello studio ammonta a 120. Per quel che riguarda il miglioramento generale e quello della funzionalità cardiaca, si trovarono nel gruppo trattato con Crataegus risultati chiaramente migliori che non nel gruppo-placebo con p < 0,01;

riguardo al miglioramento dei sintomi soggettivi, con p < 0,001, soprattutto rispetto a dispnea e palpitazioni.

 

Clinica

 

Modalità di azione

Tre effetti devono essere distinti nel caso del biancospino:

* miglioramento della circolazione coronarica.

Per questa via si ottiene una riduzione della predisposizione alle crisi nell'angina pectoris e la rimozione dei disturbi coronarici soggettivi. Prove sperimentali hanno evidenziato con assoluta chiarezza che l'estratto acquoso di Crataegus ha un'attività coronarica; sono certi un incremento dell'irrorazione dei vasi coronarici e una dilatazione degli stessi. La conseguenza è non solo una eliminazione degli stati spastici, e perciò un'attenuazione dei disturbi soggettivi che ne derivano, ma anche un miglioramento dell'irrorazione del miocardio stesso, quindi una rimozione dell'ipossiemia. L'effetto immediato sulle cellule del miocardio è da intendersi nel senso di un incremento di attività e di un miglior trofismo delle stesse.

Diversamente dalla digitale e dai digitaloidi, che agiscono sulla sostanza contrattile delle cellule miocardiche, l'azione del biancospino si estende alle altre parti del muscolo cardiaco, che sono in gioco più per il trofismo, le riserve di energia, la spesa di energia. In particolare, si tratta di un positivo effetto sulla concentrazione di calcio intracellulare. Con ciò si spiega anche come mai dal biancospino non ci si debba attendere un rapido innalzamento dell'energia cardiaca immediatamente dopo la somministrazione, bensì un influsso persistente sulle alterazioni degenerative legate all'età del cuore. Analogo discorso vale per il miglioramento dell'irrorazione delle coronarie, che con la somministrazione prolungata si manifesta prima, ma poi persiste a lungo. I due effetti si completano a vicenda. Pertanto il biancospino non è né un mezzo per trattare un attacco di angina pectoris, per cui la nitroglicerina rimane sempre indispensabile, né un mezzo per il rapido superamento di uno scompenso cardiaco; ciò deve essere sempre sottolineato per avere sempre presente la differenza con digitale e digitaloidi e assegnare al biancospino il posto del trattamento di lunga durata delle coronaropatie, dove esso trova la sua collocazione più congeniale.

* II biancospino non ha un'azione antiipertensiva.

Tuttavia i valori pressori possono regolarsi grazie al miglioramento dell'energia del cuore, forse persino normalizzarsi. Quindi una pressione elevata può abbassarsi e d'altra parte una pressione ridotta può salire; l'indicazione come ipotensivo in senso stretto è però scorretta. In parecchi casi sarà opportuno combinare il biancospino con una pianta ipotensiva, quindi la Rauwolfia o il vischio. Non c'è, per questo, bisogno di nessuna specialità preconfezionata, anzi una simile combinazione si può preparare meglio e più elasticamente in proprio, somministrando un preparato puro di biancospino e un preparato puro di Rauwolfia. L'ideale è prendere il biancospino la mattina a digiuno e la sera prima di coricarsi, circa 30 gocce di tintura o di un preparato puro, e inoltre un preparato di Rauwolfia dopo la prima colazione e dopo cena.

* Disturbi ritmici del cuore

Sono emersi come il più recente campo di applicazione del biancospino;

innanzitutto le extrasistoli di genesi diversa, inoltre la tachicardia parossistica e gli altri attacchi di tachicardia, meno invece le tachiaritmie. Con un'iniezione e.v. di estratto acquoso di biancospino in grande quantità si riesce a far rientrare una vera e propria tachicardia parossistica; già dopo 10-20 minuti subentra una riduzione evidente della frequenza cardiaca e un rapido miglioramento dei disturbi soggettivi. Nei casi più lievi, soprattutto nelle extrasistoli, basta la somministrazione orale in gocce. Comunque, questa azione del biancospino sui disturbi del ritmo cardiaco rimane sempre al secondo posto nel suo campo di indicazione. Si prescrive il biancospino principalmente nei disturbi ritmici del cuore senile, ma solo allorché essi causano disturbi soggettivi. Si riuscirà più rapidamente a superare una fase di intensificazione di questi poco rilevanti disturbi ritmici, massimamente nei casi di temporanea intensificazione di extrasistoli. Il vantaggio del biancospino, come nel caso della Convallaria, sta nel fatto che lo si può dare senza preoccupazione nelle così frequenti bradicardie del cuore senile.

 

Campi di applicazione

 

Dalle potenzialità di azione esaminate derivano anche i campi di applicazione essenziali:

1. cuore senile, quindi pazienti con mio-degeneratio cordis o con sclerosi delle coronarie e disturbi che ne derivano. A ragione il biancospino è stato definito come protettivo per il cuore senile. Massimamente i disturbi anginosi della sclerosi coronarica tendono a scomparire con l'applicazione di biancospino. Le recidive possono essere ampiamente prevenute.

2. Cuore ipertonico, con o senza insufficienza, principalmente per il mantenimento di un buono stato del miocardio, quindi come protezione o terapia delle complicazioni, in primo luogo della cardiopatia coronarica.

3. Debolezza miocardica dopo malattie infettive, come polmonite, influenza, difterite, scarlattina. Inoltre nell'insufficienza miocardica, dove è necessario il trattamento digitalico, sono indicati il post-trattamento o eventualmente l'aggiunta di biancospino alla medicazione con digitale o strofantina, in modo da configurare al meglio la terapia.

4. Disturbi ritmici del cuore, innanzitutto extrasistoli e attacchi tachicardie!, anche per via endovenosa.

Il principale campo di impiego del biancospino sono dunque incontestabilmente le cardiopatie degenerative odierne, nelle loro varie forme. Ne fanno parte la sclerosi delle coronarie, l'angina pectoris e in misura non inferiore tutte quelle condizioni che non si impongono come effettivamente patologiche, in cui però è già presente una moderata riduzione dell'efficienza per ragioni di età. In questi casi si può, per la stessa natura della situazione, prendere in considerazione solo un impiego terapeutico prolungato nel tempo. Da una somministrazione breve non ci si può aspettare nulla o quasi nulla, con l'eccezione delle forme particolari di disturbi del ritmo cardiaco, che abbiamo citato. Ma proprio le cardiopatie degenerative esigono un trattamento assolutamente di lungo periodo. D'altra parte, per questa stessa ragione si capisce perché sia così difficile obiettivare in modo soddisfacente questi risultati, come oggi si richiede. I pazienti, comunque, riferiscono sempre spontaneamente di un miglioramento soggettivo; ma proprio in un processo di lunga durata come le cardiopatie e le arteriopatie degenerative il concetto è difficile da comprendere. Il fatto è che i punti di vista riguardo alle modalità di azione del biancospino divergono in medicina di base da un lato e in clinica dall'altro. Il clinico deve e vuole ottenere con i suoi pazienti un effetto immediato, più o meno come quello che è lecito attendersi dalla digitale o dalla strofantina. Il medico di base, al contrario, deve pensare a un trattamento protratto nel tempo e perciò gli è utile una caratteristica specifica del biancospino: la totale innocuità di un trattamento di lunga durata. Negli usuali dosaggi terapeutici non vi sono né effetti tossici né accumulo né assuefazione. Pertanto un simile trattamento prolungato si può istituire senza alcuna difficoltà o pericolo.

Come rimedio ottimale per il cuore senile il biancospino deve essere fatto prendere almeno per molti mesi, meglio ogni mattina e sera circa 30 gocce di tintura, o di estratto fluido o uno degli ottimi preparati pronti, diluendo in un poco d'acqua. Questo tipo di prescrizione ha anche il vantaggio di rimanere facilmente impressa nella memoria dei pazienti. La tollerabilità è talmente buona che anche a livello gastrico non ci si deve attendere alcun disturbo.

Senza dubbio il clinico tenderà molto meno a istituire un trattamento con il biancospino; probabilmente fino ai disturbi del ritmo lo userà solo quando voglia sostenere l'azione della digitale nel modo indicato in precedenza oppure in combinazione con la strofantina nelle iniezioni.

 

Nessun effetto immediato nel test del nuoto sui ratti

 

Dal biancospino non ci si deve attendere un effetto immediato sul muscolo cardiaco. Era quindi fuorviante cercare di dimostrare una insufficienza del biancospino, quando in realtà lo si impiegava in condizioni che richiedevano un effetto immediato. Ciò è evidente, per esempio, nel test del nuoto sui ratti. In questo test si fanno nuotare dei ratti in una vasca con pareti scivolose, fino al momento in cui il loro cuore viene meno ed essi annegano. Prima del test si dava loro un farmaco e, se poi si osservava che essi resistevano a nuotare più a lungo, se ne traeva la conclusione dell'efficacia sul cuore di questo medicamento. Fin dall'inizio ci si doveva aspettare il fallimento del biancospino in un simile test, come poi si osservò anche effettivamente. I poveri ratti annegavano nello stesso tempo, sia con che senza la somministrazione di biancospino, perché l'azione del biancospino non può manifestarsi in un tempo così breve. Non è dunque lecito tentare di dimostrare l'inefficacia del biancospino con simili test.

 

Evidente effetto di lungo periodo sui bombici

 

Chiarimenti sui potenziali effetti del biancospino si ricavano da una impostazione totalmente diversa della sperimentazione. klatt riferisce le sue osservazioni sul biancospino con i bombici (1966). Egli condusse questi esperimenti per ragioni del tutto diverse, cioè per scopo di ricerca sulla trasmissione ereditaria. I bombici furono tenuti per anni in condizioni severe di allevamento e nutriti nel modo consueto con foglie di ontano. Dopo parecchi anni, essi divennero sempre più debilitati, deposero meno uova e minacciarono di morire. Ciò si sarebbe potuto spiegare come conseguenza dell'allevamento, a causa di una degenerazione e un invecchiamento precoce. Su consiglio di un allevatore di farfalle, che si trovava casualmente in visita, klatt cambiò la dieta di queste colonie di bombici. Invece di foglie di ontano diede loro foglie di biancospino. In seguito a questo fatto, si evidenziò fin dall'inizio un vistoso rinvigorimento. Le farfalle ridivennero più grandi, più forti e deposero abbondanti covate. Si tornò a una rigenerazione normale, che si mantenne costante di anno in anno. L' azione del biancospino fu chiaramente quella di uno stimolante cellulare generale.

Qui furono dunque soddisfatta tutte le condizioni che si richiedono nel testare un vero e proprio fitoterapico: innanzitutto la prolungata e ininterrotta somministrazione del fitocomplesso integro. In seguito queste osservazioni furono confermate da altre fonti, sebbene con ricerche non così durature. Da questi esperimenti riusciamo a comprendere bene che il modo di procedere deve essere completamente diverso, quando si vuole saggiare l'azione dei fitopreparati. Con moltissime piante officinali la consueta metodologia di ricerca farmacologica non è sufficiente. In questo campo si devono sviluppare metodiche completamente diverse, di cui oggi ancora non disponiamo.

Così il biancospino si presenta come una pianta officinale dalle caratteristiche ben individuate, la cui azione arriva all'effetto desiderato se si conoscono bene le sue particolarità e lo si impiega consapevolmente, nel modo corretto. Il biancospino è un tipico fitoterapico mite. Esso agisce con sufficiente sicurezza solo con una somministrazione prolungata e al tempo stesso è innocuo, non ha assolutamente alcuna tossicità. Dall'altra parte del nostro


Fitoterapici Miti.....................Fitoterapici Intermedi..................Fitoterapici Forti

 

Crataegus........................Convallaria, Adonis .....................Digitalis-strofantina


schema c'è la digitale come modello del fitoterapico forte. Essa agisce immediatamente ed energicamente e ha una considerevole tossicità. Biancospino e digitale sono quindi per così dire gli esponenti dei due poli contrapposti della terapia cardiaca: la digitale il rimedio di prima scelta per un'azione immediata nell'insufficienza cardiaca, il biancospino il rimedio di lungo periodo per le malattie degenerative del cuore, oggi così diffuse, la digitale preferibilmente per l'uso clinico sotto stretto controllo medico e con il continuo pericolo di manifestazioni collaterali di intossicazione, il biancospino come rimedio dall'azione più debole ma duratura e senza alcun pericolo o manifestazioni indesiderate di altro genere, che perciò si può far gestire al paziente stesso, senza per questo trascurare il continuo controllo del medico.

 

 

Risultati della monografia sul biancospino del Min. Fed. Sanità (BGA)

 

In seguito all'inasprimento del procedimento di autorizzazione per i fitoterapici, che abbiamo già esaurientemente esaminato a pag. 37 e segg., il Ministero Federale della Sanità diede l'incarico di predisporre una grossa e articolata monografia sul biancospino. Vi furono riassunti tutti i dati fino a quel momento conosciuti di natura tossicologica, farmacologica, clinica e pratica e quindi delineate le conclusioni per l'impiego. Questo studio è pensato come un modello per la valutazione del materiale scientifico sulle piante officinali, così come è richiesto dal relativo paragrafo della nuova legge sui farmaci.

I risultati di questo grosso ed elaborato studio, che è andato avanti per tutto il primo quadriennio di legislatura della Commissione E (fitoterapia) presso il Ministero Federale della Sanità e che si è concluso solo nella seconda legislatura, sono altamente degni di nota. Essi portarono, contrariamente a parecchie opinioni iniziali pessimistiche e troppo critiche, a un pieno riconoscimento del valore del biancospino con precise indicazioni cardiologiche.

Come componenti dei fitopreparati si usano foglie e fiori (DAB 8) e/o frutti (DAB 1979). Come principi attivi sono stati confermati flavonoidi e procianidine oligomere. Per l'impiego si confanno preparati solidi e liquidi, per l'uso orale, e soluzioni iniettabili, per l'applicazione parenterale. Come effetti sono stati accertati e riconosciuti:

azione inotropa positiva,

azione cronotropa e dromotropa positiva,

azione batmotropa negativa,

incremento dell'irrorazione coronarica e miocardica.

Ne conseguono i seguenti campi di applicazione:

1. ridotta efficienza del cuore corrispondente agli stadi I e II secondo NYHA (New York Heart Association);

2. senso di costrizione e oppressione nella regione del cuore;

3. cuore senile, che non necessita ancora di terapia digitalica; forme leggere di disturbi bradicardici del ritmo cardiaco.

A tutt'oggi non si conoscono controindicazioni né effetti collaterali.

In questo modo si ha ormai una chiara definizione delle nostre conoscenze fino a oggi e del campo di impiego riconosciuto del biancospino.

Una descrizione esauriente dell'insieme dei problemi e delle conclusioni è stata curata da ammon (1981), presidente della Commissione E durante la prima legislatura, a Berlino.

 

Dosaggio e tollerabilità

 

Nel complesso questa monografia non dice nulla di fondamentalmente nuovo. Tuttavia essa mostra molto chiaramente quali difficoltà presenta la trattazione scientifica di un simile rito-terapico mite. La gran parte dei risultati fitochimici e sperimentali conferma solo, di nuovo, la nozione tradizionale che la pianta medicinale rappresenta un fitocomplesso di natura unitaria, il quale dunque può essere studiato e valutato solo nella sua interezza, e le numerosissime conoscenze sui singoli principi attivi forniscono solo dei punti d'appoggio.

Diviene dunque evidente quanto sia difficile la valutazione dei risultati in una patologia espressamente cronica come la cardiopatia coronarica; con l'eccezione dell'attacco acuto di angina pectoris, essa richiede un trattamento prolungato e proprio qui si inserisce il biancospino, grazie alla sua buona tollerabilità e all'assenza di tossicità. Una dimostrazione esatta con i metodi consueti è però difficile o addirittura quasi impossibile. Persino lo studio in doppio cieco non si è rivelato soddisfacente per tali casi, perché dipende da troppi fattori soggettivi e psicologici. Così, non rimane altro che rifarsi alla vecchia buona esperienza del medico, con senso critico e intuizione che non si escludono per niente l'un l'altro, ma anzi si devono vicendevolmente integrare. Questo approccio deve essere preso in considerazione non solo nel caso del biancospino, ma con tutti gli analoghi fitoterapici miti. Questo è poi "l'altro materiale conoscitivo" che, secondo il dettato della nuova legge sui medicinali, deve essere considerato come equivalente nella decisione sull'autorizzazione.

Secondo l'esperienza clinica è necessario un dosaggio relativamente alto per ottenere e mantenere un effetto soddisfacente. Sono necessario almeno da 30 a 40 gocce di uno dei soliti estratti, inizialmente 3 volte al giorno, in seguito al mattino e alla sera come trattamento di mantenimento. In casi più acuti o di fronte al temporaneo ricomparire di disturbi più rilevanti, non si esiti a far assumere un intero cucchiaino da tè di estratto per volta, anche questo due o tre volte al giorno, generalmente per un tempo limitato; in casi di necessità, però, anche per alcune settimane.

La tollerabilità del biancospino è insolitamente buona, il sovraddosaggio non presenta alcun rischio; d'altra parte è evidente anche che l'effetto non aumenta granché al disopra del dosaggio consigliato. In pratica non si conoscono effetti collaterali da parte del cuore; a volte compaiono disturbi gastrici, per i quali però non è certo se siano effettivamente da mettere in relazione con l'assunzione di biancospino.

La buona tollerabilità e la mancanza di assuefazione rendono il biancospino particolarmente indicato per un trattamento profilattico prolungato, tanto nell'età di mezzo ai primi accenni di una patologia coronarica, quanto in età più avanzata come trattamento comunque innocuo e perciò verosimilmente molto utile delle cardiopatie degenerative, per le quali poco rigorosamente è stata introdotta la definizione di "cuore senile".

Una particolare importanza acquista oggi il biancospino per il post-trattamento dell'infarto. Indiscutibilmente qui sono in primo piano la regolazione delle abitudini di vita, nel senso di una riduzione dello stress e un graduale training fisico, tuttavia non si dimentichi mai che si può dare un significativo aiuto anche di tipo medicamentoso, nel senso di una vera e propria prevenzione fitoterapica (la prevenzione secondaria secondo Halhuber). Proprio per questo scopo il biancospino è elettivamente indicato.

 

Riassunto

 

Gli estratti di Crataegus sono primariamente un fitoterapico delle coronarie. Essi agiscono mitemente, ma in modo duraturo e senza effetti secondari, quindi senza "assuefazione", favorendo l'irrorazione delle coronarie. La cardiopatia coronarica (CHD = coronar heart disease) è la principale indicazione per il biancospino.

 

Forme di preparazione

 

Tisana di biancospino.

Si usano i fiori, Flores Crataegi, o le foglie, Folia Crataegi, e oggi, per lo più, la già menzionata miscela degli uni e delle altre, Flor. et Fol. Crataegi, 2 cucchiaini da tè per 1 tazza di acqua bollente, infusione di 20 minuti, una tazza colma mattina e sera, all'inizio anche a mezzogiorno. Poiché la tisana di biancospino è abbastanza. scialba, è consigliabile aggiungervi 1 -2 cucchiaini da tè di miele. Ciò ha anche un effetto favorevole, perché un apporto di zuccheri è molto opportuno in presenza di cardialgie.

Oltre alla tisana abbiamo a disposizione:

Tinctura Crataegi, 3 volte al giorno 20-30 gocce.

Extract. Crataegi fluid., 3 volte al giorno 10 gocce.

Una buona combinazione è la Tinctura cardialis DRF, composta da Extract. Crataegi fluid. 10,0 e Tinct. Convallariae 20,0, di cui si fanno prendere 20 gocce 3 volte al giorno.

Ulteriori semplicissime prescrizioni per una tisana di biancospino sono:

 

a) insieme con melissa per il miglioramento del sapore e per una contemporanea azione sedative mite:

Rp. Flor. Crataegi

Fol. Crataegi

Fol. Melissae

aa ad 100,0 M. f. spec. D. S. 1 cucchiaino da tè per 1 tazza di acqua bollente, infusione 10 minuti, 1 tazza mattina e sera;

b) con vischio per la concomitante riduzione della pressione arteriosa:

Rp. Flor. Crataegi

Fol. Crataegi

Visci albi

aa ad 100,0 M. f. spec. D. S. mattina e sera 1 tazza preparata con 1 -2 cucchiaini da tè.

Spesso è consigliabile impiegare entrambe le combinazioni contemporaneamente, quindi biancospino e melissa con vischio in parti uguali ad 100,0, una tazza mattina e sera (cfr. la ricetta al paragrafo "vischio", pag. 253).

Un altro esempio di tisana adatta in caso di disturbi pressori o angina pectoris:

Rp. Visci alb.

Flor. Crataegi

Flor. Chamomilla

Rad. Valeriana

aa ad 100,0 D. S. 2 cucchiaini da tè per 1 bicchiere di acqua bollente, lasciare in infusione fino a sera o a mattina, berne 1 bicchiere pieno, mattina e sera per mesi.

Qui l'inserimento della camomilla si giustifica contro il meteorismo, che per lo più è presente, e della valeriana per l'azione sedativa. Spesso è opportuno sostenere ulteriormente l'azione carminativa con Fruct. Carvi o con Folia Menthae pip.; eventualmente, nella tendenza alla costipazione, si possono aggiungere piccole quantità di Fol. Sennae e Cortex Frangula:

 

Rp. Flor. Crataegi............................................................................50,0

Fruct. Carvi ...................................................................................10,0

Fol. Menthae pip.

Cort. Frangulae

aa 20,0 D. S. 1 tazza preparata con 2-3 cucchiaini da tè, mattina e sera.

Nei disturbi cardiaci funzionali, extrasistoli, palpitazioni ecc., si farà una combinazione con piante sedative:

Rp. Flor. Crataegi

Herb. Convallariae

aa 30,0

Fol. Melissae

Rad. Valerianae

aa 20,0 D. S. 2 cucchiaini da tè per 1 tazza di acqua, 2 tazze al giorno.

In commercio vi sono numerosi monopreparati di biancospino: Oxacant -forte (Klein) è un estratto di fiori, foglie e frutti, standardizzato in glicosidi flavonici, in forma di gocce; Esbericard® (Schaper & Brummer) in pastiglie, gocce e ampolle da 2 ml per iniezioni. Crataegutt (Schwabe) contiene nelle gocce estratti di foglie e fiori di biancospino standardizzati in procianidine oligomere, nelle ampolle un estratto di foglie. Crataegutt novo (Schwabe) contiene nelle tavolette un estratto secco di foglie di biancospino con fiori e frutti, sempre standardizzato in procianidine oligomere. Weissdorn-Pflanzensaft Kneipp® (Kneipp Werk, Wurzburg) contiene un succo, estratto mediante pressione da Fructus Crataegi rec., che si prende a cucchiai da tavola, inizialmente 1-2 cucchiaini 3 volte al giorno, dopo alcune settimane 2 cucchiai da tavola mattina e sera, per un trattamento prolungato di diversi mesi.

Numerosi sono i preparati composti di biancospino con altre sostanze cardioattive; popolari e sperimentati sono tra gli altri Cardalept® (Keimdiat, Augsburg), 20-30 gocce da due a tre volte al giorno, e Lacoerdin®-N (Vogel & Weber), 2 pastiglie da due a tre volte al giorno. Dell'Oxacant® (Klein) vi sono anche le gocce, forte-Tropfen, che in aggiunta al biancospino contengono Convallaria, oleandro, Adonis, Cactus grandiflorus e arnica, e Oxacant -Sedativ-Tropfen con l'aggiunta di estratto fluido di Leonorus cardiaca, melissa e valeriana; inoltre Oxacant®-Khella con un estratto fluido di Fruct. Ammi visnaga, 20-30 gocce tre volte al giorno. Cratylen -Tropfen (Madaus) contiene biancospino con parecchie sostanze minerali, 8-15 gocce tre volte al giorno.

 

da Rudolf Fritz Weiss

Trattato di Fitoterapia

ed. APORIE

 

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