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Studi sulla Propoli

La Propoli


Efficacia antiinfiammatoria di un preparato standardizzato di propoli

La propoli è una sostanza resinosa prodotta dalle api a partire dagli essudati emessi dalle piante al fine di proteggersi dalle infezioni microbiche, nella cui composizione entrano in varie concentrazioni principalmente flavonoidi, derivati dell’acido cinnamico, terpeni, aldeidi, chetoni, polisaccaridi e vitamine. Questa sostanza viene tradizionalmente impiegata per il trattamento in particolare delle infezioni dell’albero respiratorio accompagnate da processi infiammatori. Mentre l’attività antibatterica, antifungina e antivirale della propoli è stata dimostrata in recenti studi farmacologici, le indagini sull’attività antiinfiammatoria sono scarse. In questo studio abbiamo valutata l’attività antiinfiammatoria topica di un estratto idroalcoolico di propoli, impiegando per lo scopo il test dell’edema indotto con olio di Croton nel padiglione auricolare del topo. L’estratto di propoli ha ridotto significativamente e in modo dose-dipendente la risposta infiammatoria già a partire dall’applicazione di 250 µg/cm2 (peso secco), con una inibizione dell’80% raggiunta alla dose massima saggiata di 1000 µg/cm2; la dose inibente del 50% la risposta infiammatoria è stata calcolata in 457 µg/cm2. L’estratto di propoli indagato ha mostrato di essere un antiinfiammatorio più potente dei due composti di riferimento flurbiprofene e benzidamina (inibizione dell’edema pari al 61% e al 40% rispettivamente, alla dose di 1000 µg/cm2).

Roberto Della Loggia, Gianmario Altinier, Silvio Sosa e AureliaTubaro
Facoltà di Farmacia, Università di Trieste

Pubblicato da Amministratore di domenica 21 novembre 2004 alle ore 11:55 Commenti (0)

Erbe officinali utili alla prevenzione dei tumori



E’ difficile sfogliare i giornali senza trovare articoli che riguardano la lotta contro i tumori, le nuove scoperte, i consigli per prevenirlo.
Per quel che riguarda il mondo vegetale, molti di voi ci chiedono se esistono piante officinali che svolgono un’azione efficace nella prevenzione.

La risposta è positiva. Bisogna considerare che, anche se dal punto di vista scientifico i metodi di prevenzione sono considerati diametralmente opposti rispetto a quelli della cura, un numero sempre crescente di esperti ritengono che l’azione preventiva (che consiste nell'azione di potenziamento delle difese immunitarie svolta da diverse officinali), possa essere già considerata una cura.

Ecco le piante officinali e gli alimenti di origine vegetale che svolgono azione preventiva.

Per quel che riguarda la disintossicazione (da agenti chimici ai quali siamo esposti ogni giorno, ma anche dalle tossine prodotte dal nostro corpo soggetto a stress e dispiaceri):
- Limone, Arancio, Cumino, Basilico;
- Cipolle, Aglio, Broccoli, Cavolini di Bruxelles;
- Antociani dei semi d’uva;
- Rosmarino, Menta piperita, estratto di Menta spicata;

Per quel che riguarda l’azione antiossidante (la capacità di inibire l’ossidazione dei grassi insaturi che proteggono le membrane cellulari):
Aglio, Gingko biloba, Ginseng, Tè verde, Menta piperita, Origano, Soia, Timo, Rosmarino;

Un'azione preventiva verso la mutazione del DNA (causa iniziale della formazione dei tumori), è svolta da Aloe vera, Pepe nero, Broccoli, Cavoli, Cavolini di Bruxelles, Cumino, Aglio, Ginseng, Liquirizia, Olive, Cipolle, Tè verde e nero, Timo, Chiodi di garofano.

Infine, le erbe che proteggono il fegato (dove si svolgono le reazioni chimiche per la disintossicazione dell’organismo):
Kuru (Picrorhiza kurroa), Baikal skullcap (Scutellaria baicalensis), Cardo mariano.

Da: Herbs for Health

Pubblicato da Amministratore di sabato 20 novembre 2004 alle ore 19:18

Il Tarassaco, pianta dai mille benefici

Il Tarassaco


Un vero canto di lode alla pianta del tarassaco fu scritto dall'Abate tedesco Sebastiano Kneipp, vissuto nell'Ottocento e fondatore di uno speciale sistema curativo chiamato "idroterapia", cui associava il tarassaco e altre erbe medicinali. Kneipp, studioso della Baviera morto nel 1897, durante la sua giovinezza era sofferente di tubercolosi, accompagnata da forti emottisi (sangue che gli fuoriusciva dalla bocca). Senza scoraggiarsi o spaventarsi della sua terribile malattia (ricordiamo che a quei tempi non esistevano gli antibiotici) egli mise in pratica gli insegnamenti del Dr. Johann Hann sul "trattamento curativo tramite l'acqua fredda", in altre parole l'idroterapia.

In pieno inverno Kneipp iniziò la cura, immergendosi nelle acque fredde del Danubio e restandovi immerso solo per pochi secondi. L'Abate continuò le brevissime immersioni nelle acque gelide, tre volte la settimana e, con sua somma meraviglia, costatò - nel 1866 - di essere stato guarito dalla tubercolosi. Nelle sue pubblicazioni, l'Abate non parlò soltanto d'acqua fredda, ma anche di piante ed erbe medicinali i cui "segreti" ha raccolti in un interessante volume che è giunto fino ai nostri giorni.
Il "tarassaco" è conosciuto con i nomi volgari di "dente di leone" o "dente di cane" o "ingrassa porci" o, infine, "piascialetto" (per il potere diuretico che la pianta possiede). Il codice botanico del "tarassaco" è Taraxacum officinale, delle Composite.

La pianta raggiunge l'altezza dai cinque ai cinquanta centimetri ed è diffusa ovunque nei prati ed orti di tutta l'Umbria, imponendosi ai nostri occhi per la bellezza dei suoi fiori gialli (da marzo a novembre), le foglie folte e incise. E' una vera "panacea", vale a dire un medicamento capace di contrastare molte malattie. L'uso terapeutico di questa pianta non era conosciuto nell'antichità e nessun testo, compresi gli Erbari illustrati, ne parla prima del XV secolo.
Nel 1546 il naturalista Bock attribuì al tarassaco un potere diuretico, mentre un farmacista tedesco del XVI secolo attribuì alla pianta virtù vulnerarie (vale a dire capaci di curare rapidamente le ferite).

Più tardi, tra il sec. XVII e XVIII, ne parleranno ampiamente - come accennato - i medici umbri e l'Abate Kneipp. Oggi sappiamo che il tarassaco combatte molte piccole patologie: è salutare nelle colecistopatie da litiasi biliare (nelle disfunzioni, in altre parole, della colecisti o cistifellea per la presenza all'interno di calcoli) se viene unita ad altre erbe, quali il carciofo, il tiglio, la celidonia, la curcuma, la fumaria; è benefica nelle insufficienze epatiche (quando il fegato non svolge bene le sue funzioni); elimina l'acne; rientra nei preparati erboristici, insieme a spirea, echinacea (radice), betulla(foglie), dentella(foglie), ananas (gambo) per ridurre la cellulite che colpisce soprattutto le donne; rientra nella composizione di medicinali per combattere i reumatismi, se associata all'uncaria (la corteccia), all'artiglio del diavolo (radice), al frassino (foglia e gemma), al salice (corteccia), alla spirea olearia (sommità fiorite); combatte, infine, la stipsi, soprattutto se è unita alle seguenti erbe: aloe (il succo), cascara (corteccia), cassia fistola (frutto), frangula (corteccia), senna (foglia), polipolio (radice), rabarbaro cinese (il rizoma, il fusto sotterraneo).

Fonte Il Messaggero on line Umbria articolo di Salvatore Pezzella

Pubblicato da Amministratore di sabato 20 novembre 2004 alle ore 19:10

PCSPES, anticancro della discordia

La storia del Pcspes, un composto a base di otto piante medicinali che gode fama, negli Usa, di combattere il cancro della prostata, si complica ancor di più.

Dopo che la BotanicLab, un’azienda californiana che aveva prodotto il Pcspes, lo aveva ritirato volontariamente dal commercio e chiuso l’attività, e dopo che la Food and Drug Administration aveva ammonito i consumatori a non acquistare integratori alimentari e prodotti erboristici a base di Pcspes, la situazione è precipitata.

Motivo sostanziale del "problema Pcspes" è la contaminazione (volontaria) con alcune sostanze farmacologiche che se sfuggono al controllo del medico potrebbero dare seri problemi per la salute delle persone. Accurate analisi eseguite sul composto hanno evidenziato la presenza, infatti, di diverse sostanze farmacologiche, non vegetali, quali warfarin, dietilistilbesterolo e indometacina.

Il fenomeno secondo uno studio che ha esaminato otto differenti lotti di Pcspes e pubblicato (settembre) sul Journal of National Cancer Institute, indica che il problema è molto più diffuso di quanto non si immagini.
La faccenda diventa veramente complicata quando, dopo la rimozione delle sostanze contaminanti, l’attività anticancro della maggior parte dei vari Pcspes esaminati diminuiva.

Tutto ciò suggeriva agli studiosi che la capacità antitumorale della maggior parte di questi prodotti, non di tutti però, potrebbe essere ricondotta alle sostanze farmacologiche contaminanti e non alle erbe contenute. Sembrerebbe dunque "finita" per il PcSpes anticancro. In realtà sono opportune precisazioni e considerazioni, tra cui una semplice: ma se la formulazione con quei componenti "aggiunti" alle erbe hanno un qualche effetto farmacologico antitumorale non sarebbe il caso il caso di studiarlo e valutarlo ulteriormente? Milos Sovak della Biophysica Foundation di La Jolla, California, inoltre, ha dichiarato che i tentativi di identificare i componenti attivi del PcSpes hanno prodotto risultati incongrui e che la presenza delle tre sostanze chimiche di sintesi è assolutamente imbarazzante.

Il problema delle adulterazioni in composti a base di piante medicinali rende poi molto più complessa e difficile la ricerca scientifica sull’efficacia dei prodotti e le norme di buona fabbricazione non dovrebbero essere più disattese. Alla fine (per questa volta) della storia gli elogi e le speranze del Pcspes non sono però poche e Dendranthema (Chrysanthemum) morifolium, Isatis indigotica, Glycyrrhiza glabra, Panax Pseudoginseng, Serenoa repens, Scutellaria baicalensis, Ganoderma lucidum (un fungo chiamato Reishi) sono le piante che lo compongono.

Al Pcspes sono concretamente attribuite capacità antitumorale sui due tipi di cancro della prostata: androgenodipendente e androgenoindipendente. IL Pcspes che induce l’apoptosi (morte programmata) delle cellule tumorali delle prostata, ha più recentemente dimostrato (Cancer Research, settembre) inibiscono, in studi sperimentali, in maniera significativa la crescita del cancro del colon mentre attività anticancerosa è stata evidenziata sulle cellule tumorali del melanoma, leucemia, cancro neuroepiteliale e del seno.

Fonte www.LaRepubblica.it articolo di Roberto Suozzi

Pubblicato da Amministratore di sabato 20 novembre 2004 alle ore 19:05

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