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FUNGHI VELENOSI DA NON RACCOGLIERE: SE SEI UN CERCATORE INESPERTO CONSULTA QUESTE PAGINE...ESSE POTRANNO ESSERTI UTILI

 

 

 

 

 

 

A cura del Gruppo Micologico "G. Bresadola" di Arezzo

 

Introduzione 

 

Un bosco, una prateria, costituiscono un ecosistema, ovvero un complesso di determinate associazioni vegetali, animali e microbiologiche che hanno raggiunto condizioni di stabilità in relazione alla natura del suolo ed al tipo di clima. In tale complesso le piante sono nutrimento agli erbivori e questi ai carnivori; a degradare i resti di piante ed animali, riconducendoli al ciclo vitale, intervengono detritivori, funghi e batteri che effettuano così attività di "riconversione" delle sostanze organiche. All'interno di un ecosistema ogni componente ha quindi una precisa funzione in relazione al mantenimento dell'equilibrio geobiologico instauratesi. Da non molto tempo si sta diffondendo la coscienza di come uno degli elementi essenziali a tale stabilità sia costituito da quei particolari organismi che costituiscono la categoria dei funghi. Esistono gruppi di funghi con cicli biologici diversi che determinano una diversa funzione nell'ambito dell'ecosistema. Il fungo può essere "saprofita" e concorrere a degradare la sostanza organica morta, cosicché possa essere reintrodotta nel ciclo biologico degli organismi viventi. Il fungo può intrecciare uno stretto rapporto di interdipendenza con piante vive (simbiosi) tali da rendere possibile lo sviluppo in un ambiente altamente conteso qual è il ruolo del bosco. Il fungo talvolta può comportarsi da parassita. Ma anche i funghi parassiti, in condizione di stabilità ecologica, sono utili perché concorrono a eliminare, e quindi a selezionare, gli individui deboli di una comunità. Solo in mancanza di equilibrio il parassitismo si muta in forma patologica e quindi dannosa per la collettività. In tutti i casi i funghi assumono importanza rilevante nell'economia di un bosco. Si comprende allora l'importanza di rispettare i funghi (anche quelli più insignificanti); sia i corpi fruttiferi, cioè la parte addetta alla riproduzione, sia la "pianta fungo" vera e propria. Senza funghi il bosco e tutte le componenti dell'ecosistema tendono a degradare, sin anche il suolo. I funghi sono dunque importanti per la stabilità delle associazioni biologiche, d'altra parte non si può ignorare che le specie fungine sono spesso tanto vistose da farsi notare, solleticando la nostra curiosità ... e il nostro appetito. Facciamo attenzione allora a non cibarci di funghi che possano rivelarsi velenosi; ma non accaniamoci a distruggerli solo perché tali: anch'essi hanno una precisa funzione. È per i suddetti motivi che questa pubblicazione presenta parecchi tra i funghi velenosi reperibili nel nostro territorio: funghi da conoscere, evitare, rispettare.

 

Generalità sui funghi

 

Normalmente, quando si sente parlare di funghi, il nostro pensiero corre a quei corpi carnosi dai colori più o meno vivaci che andiamo pazientemente a cercare nei boschi e che - con minore impegno ma con maggiore spesa - possiamo acquistare sul mercato.

Dal punto di vista scientifico invece questi comuni "funghi" non sono che una parte, il corpo fruttifero, di una pianta che vegeta sottoterra o entro un substrato ligneo. Il fungo, nella corrente accezione del termine, è quindi paragonabile a un frutto, quale una mela o una pera, prodotto dall'attività di un apparato vegetativo normalmente affondato nel substrato nutritivo e perciò non visibile, cui viene dato il nome di micelio, costituito da un intreccio di numerosissimi filamenti chiamati ife.

Le forme di questi "frutti", che normalmente chiamiamo funghi ma che più correttamente si dicono carpo/ori o ricettacoli, sono svariatissime e, a ben vedere, una più curiosa dell'altra.

I vegetali in genere si nutrono di sostanze inorganiche, assorbono cioè dal terreno, oltre all'acqua, anche gli altri elementi indispensabili alla loro esistenza sotto forma di sali inorganici. Grazie alla clorofilla - sostanza verde che si trova in tutti i vegetali (con qualche rara eccezione) esclusi i funghi - e alla luce solare che determina le reazioni, portano a compimento l'importantissimo processo di sintesi organica, da cui dipende la nostra stessa vita, chiamato appunto fotosintesi clorofilliana.

I funghi invece, essendo sprovvisti di clorofilla, non sono indipendenti dal punto di vista nutrizionale e devono nutrirsi a spese di altri organismi o dei loro prodotti di decomposizione. Per tale motivo essi sono detti eterotrofi, come gli animali, contrariamente ai vegetali fonosintattici che sono autotrofi.

Il termine micologia deriva dal greco Mio (fungo) e Logo (scienza). Micologia è quindi la scienza che studia i funghi in tutti i campi della sua vastità. Essa può venire intesa come micologia del micofago, ossia la ricerca e la determinazione dei miceli a scopo puramente alimentare. Micologia del micofilo, ossia la ricerca e la determinazione dei miceli a scopi puramente scientifici, ma limitati all'apprendimento, al sapere individuale. Micologia del mitologo, o micologia pura; essa prevede anche una certa conoscenza di nozioni biologiche e microscopiche. Il mitologo è colui che fa di questa scienza una ragione di vita, quindi è un vero e proprio professioni- sta. In questo senso la micologia può essere estesa a vari settori, come la didattica (purtroppo carente oggi nel nostro Paese: in Francia e in alcuni Paesi del Centro Europa è considerata materia di insegnamento in alcune università).

 

La nutrizione dei funghi

 

Abbiamo visto come, per vivere, i funghi abbiano la necessità di nutrirsi a spese di altri organismi vegetali o animali, viventi o no. A seconda della forma di nutrizione vengono generalmente suddivisi in tre gruppi:

Saprofiti, quelli che si nutrono di sostanze organiche, animali o vegetali, non viventi. Tali funghi, assieme ai batteri, provvedono alla importantissima funzione di degradazione della sostanza organica affinché tutte le spoglie del mondo vivente vengano restituite a quello inorganico sotto forma di acqua, anidride carbonica e sali minerali che assicurano il ripetersi del ciclo biologico. L'humus del terreno, costituito appunto di detriti vegetali in tutti gli stadi di decomposizione, rappresenta la fonte di nutrizione di un grandissimo numero di funghi saprofiti tanto macroscopici che microscopici.

 

Funghi parassiti:

 

il micelio di questo gruppo attacca la pianta (es. Armillariella Mela) attraverso le fenditure della corteccia, o le foglie, o le radici;

nutrendosi dalla pianta stessa la portano alla morte entro pochi anni. A questo punto ci si potrebbe chiedere dove è l'utilità del fungo ed è proprio qui che entra in gioco la natura con le sue leggi perfette e l'equilibrio reciproco: così facendo queste categorie di funghi permettono la sopravvivenza solo alle piante più forti e rigogliose, prerogativa questa ben nota per la conservazione della specie.

 

Simbionti

 

quelli che conducono vita di mutualismo con altri organismi viventi, comprese le piante legnose dove il micelio entra in simbiosi con le radichette terminali stabilendo con esse uno scambio continuo di sostanze nutritive. Il fenomeno, detto micronizza, si realizza per semplice contatto o mediante la penetrazione superficiale o profonda di uno strato più o meno spesso di ife fungine nelle radichette medesime. La combinazione è vantaggiosa sia per il fungo che per la pianta ed è stato dimostrato che, in simili circostanze, quest'ultima cresce assai più rigogliosa. Per tale motivo la comparsa di carpofori di funghi simbionti in un bosco ancor giovane prelude a un sano ed equilibrato sviluppo del medesimo.

Ciò premesso, siccome la maggior parte dei funghi superiori, commestibili o velenosi, appartiene al gruppo dei simbionti, durante la cerca dei primi dovranno essere evitati vandalismi, devastazioni e raccolte incontrollate.

 

Notizie utili al raccoglitore

 

Di tutte le teorie che circolano sulla raccolta dei funghi e di tutte le pubblicazioni esistenti in merito, pensiamo che quelli che seguono siano i consigli più utili.

Raccolta dei funghi:

A) i funghi vanno raccolti interi, senza strapparli o tagliarli alla base del gambo, con leggeri movimenti rotatori per lasciare intatti i caratteri morfologici necessari alla determinazione;

B) quelli certamente conosciuti vanno immediatamente puliti e, privati delle parti non commestibili, riposti nell'apposito comparto del cesto;

C) quelli poco conosciuti vanno ripuliti dalle scorie (terra, foglie, aghi, ecc.) e vanno riposti interi nell'altro comparto del cesto;

D) vanno raccolti solo quei funghi che per il loro stato di conservazione assicurino una buona commestibilità; vanno tralasciati quelli troppo adulti o impregnati di acqua o completamente invasi di larve;

E) i funghi che non vengono raccolti per un qualsiasi motivo, non vanno assolutamente calpestati, bastonati o distrutti; potrebbero servire a qualche esperto o appassionato che venisse a passare successivamente sul posto o quanto meno continuerebbero nel loro importantissimo ruolo di equilibrio del bosco;

F) è bene conoscere particolarmente i funghi velenosi e tossici in modo da evitarne la raccolta e il contatto con gli altri;

G) i funghi conosciuti e destinati direttamente al consumo, vanno (al ritorno) ulteriormente puliti, lavati, e subito cotti (scottati); vista la deperibilità dei funghi si evita, così facendo, di rimanere intossicati per ingestione di cibo avariato;

H) quelli non conosciuti e precedentemente separati vanno sottoposti al più presto possibile al controllo del micologo. A questo proposito presso l'Ufficio Sanitario di Arezzo esiste il servizio Micologico gratuito ed aperto, in periodi ed orari stabiliti, a tutti i cittadini;

I) molto importante è ricordare strutture, forme e colore dei funghi destinati privatamente al consumo perché nella malaugurata ipotesi di avvelenamento, questi dati possono servire al medico ed al micologo per individuare la specie ingerita e trovare così la cura più appropriata al singolo caso.

Per completare queste notizie di carattere tecnico vogliamo aggiungere poche parole sull'equipaggiamento più idoneo per chi si appresta ad un'escursione in pineta. Particolare molto importante da tenere presente è l'esistenza delle vipere nelle nostre zone, anche se in numero inferiore a quanto si creda, per cui è opportuno munirsi di calzature idonee (abbastanza alte e pesanti) ed avere sempre con sé un bastoncino con il quale battere il terreno nel caso di funghi particolarmente nascosti dalle foglie o fra l'erba.

Altro accorgimento da tenere presente è quello della giacca o impermeabile di nylon o comunque un indumento che non dia appiglio a rovi e biancospini, così abbondanti nelle nostre zone (Valdichiana).

Infine, per riporre i funghi raccolti è indispensabile un cesto di vimini o di plastica rigida e areata, possibilmente a due scomparti per le ragioni predette;

bisogna evitare di porre i funghi in sportine di nylon e plastica o borse flosce e non aerate dentro le quali, dopo un paio di ore, ci si ritrova con una massa informe di briciole dalle quali è un vero problema ricavare qualche parte commestibile senza ombra di dubbio, particolare questo sempre di primaria importanza e da non dimenticare. Occorre inoltre avere sempre con sé un temperino per la pulizia dei funghi raccolti.

 

Pregiudizi

 

Vale certamente la pena di spendere qualche parola sulle leggende nate, non si sa come e così dure a morire, che circolano abbastanza di frequente sulla presunta velenosità dei funghi:

A) mettendo un oggetto in argento nella stessa pentola dentro la quale stanno cucinando i funghi, se questi sono velenosi l'oggetto dovrebbe divenire di colore scuro;

B) quando nelle immediate vicinanze del luogo di crescita si ha la presenza di rottami di ferro, di residui di scarpe e altri oggetti non ben definiti, i funghi, anche i più squisiti, diverrebbero velenosi;

C) tutti i funghi mangiati in parte dagli animali sarebbero commestibili;

D) tutti i funghi che crescono sul legno dovrebbero essere commestibili;

E) un fungo velenoso che venga a contatto con dei funghi commestibili farebbe automaticamente diventare velenosi anche questi ultimi e tante altre dicerie come queste, tutte assolutamente prive di qualsiasi fondamento. Merita attenzione solamente il fatto del contatto fra i funghi velenosi e commestibili in quanto può diventare pericoloso qualora parte del fungo velenoso (frammento o spore) rimanga inavvertitamente fra i commestibili.

 

Prevenzione

 

Non v'è dubbio che la miglior cura di ogni male è la prevenzione; ciò vale in particolar modo per gli avvelenamenti da funghi, di cui non sempre si è in grado di combattere gli effetti frequentemente molto gravi o mortali. Una precisa conoscenza delle specie responsabili è pertanto indispensabile a tutti coloro che amano consumare funghi, specialmente se frutto di dirette raccolte. Deve però essere una conoscenza basata su precise cognizioni botanico-tassonomiche riferite al fungo in ogni suo habitus e stadio di sviluppo.

 

Avvelenamento da funghi

 

Premessa

 

Prima di iniziare a trattare in dettaglio degli avvelenamenti, è opportuno ricordare che la commestibilità dei funghi si riferisce unicamente ai funghi cotti. È provato infatti che diverse specie fungine consumate crude sono tossiche e danno luogo a sindromi di avvelenamento a volte anche serie, mentre cotte non danno luogo a disturbi di alcun genere. È questo il caso, oltre che della Gyromitra esculenta di cui si parlerà in seguito, dell'Amanitopsis vaginata, dell'Amanita solitaria, dell'Amanita junquillea, dei boleti del gruppo dei "luridi", di alcune Russule a carne dolce non ancora individuate con sufficiente chiarezza e soprattutto del Paxillus involutus che può dar luogo, consumato crudo o insufficientemente cotto, ad una sindrome talora molto grave, la sindrome paxillica, alla cui base si ipotizza essere un fenomeno di tipo anafilattico: sono stati segnalati casi di intossicazione a esito mortale. Da notare infine che la cottura contribuisce a rendere inoffensive larve, piccoli vermi, uova di insetti, la cui ingestione è meglio evitare. Esistono dei funghi, fortunatamente pochi, che sono velenosi e causano se ingeriti, intossicazioni più o meno gravi a seconda della specie. Un primo segnale che avverte della gravita dell'avvelenamento è la distanza di tempo che intercorre tra l'ingestione dei funghi e la comparsa dei sintomi. In relazione a questo si possono dividere gli avvelenamenti in due tipi: a breve periodo di incubazione e a lungo periodo di incubazione.

 

SINDROMI A LUNGA INCUBAZIONE

 

Le sindromi a lungo periodo di incubazione, che sono le più pericolose (spesso mortali) si possono suddividere in:

 

Sindrome Falloidea

 

È provocata dalla ingestione di Amanita phalloides, virosa e verna anche in piccole quantità (30-40 grammi di fungo fresco sono sufficienti per uccidere). Questo avvelenamento è caratterizzato dalla tardiva comparsa di sintomi raramente tra le 6 - 8 ore, spesso fra le 16 e le 20, qualche volta fino a 40. Compaiono vomito incoercibile e diarree profuse con sete incalmabile e conseguente disidratazione. Si producono gravi lesioni a carico del fegato e per riflusso risultano compromessi reni e cuore. Questo avvelenamento spesso è mortale. Nei casi fortunati la guarigione è lenta con frequenti disturbi epatici anche a carattere cronico.

 

Sindrome Parafalloidea

 

È causata dalla ingestione di Galerina marginata. Lepiota helveola e anche di altre Lepiote dello stesso gruppo. Presenta gli stessi sintomi dell'avvelenamento da A. phalloides. La sintomatologia inizia dopo un periodo di incubazione che varia fra le 6 e le 15 ore dopo il pasto. Il quadro si presenta attenuato e l'esito è raramente letale.

 

Sindrome Orellanica

 

È provocata dalla ingestione del Cortinarius orellanus. Che questo fungo di aspetto "bruttino" e poco invitante sia velenoso è stato notato solo da una ventina d'anni a questa parte. Prima, dagli autori, era dato come commestibile. La sintomatologia inizia fra le 48 ore e i 17 giorni (più breve è il periodo di incubazione più grave è l'avvelenamento). Insorge gradualmente e presenta insufficienza renale progressiva. In seguito, coinvolge il tubo digerente. Nella fase successiva interessa anche il sistema nervoso. Intorno al 5°-6'' giorno, ad un apparente miglioramento segue, fra il 6° ed il 10° giorno un improvviso aggravamento caratterizzato da emorragie ed insufficienza epatica. La mortalità è elevata. Nei casi fortunati la guarigione è molto lenta ma completa. La convalescenza si prolunga per molti mesi.

 

Sindrome Gyromitrica o elvellica

 

È provocata da una sostanza contenuta nella Gyromitra esculenta (Giromitrina). Questo composto, che è volatile, si libera completamente con la essicazione del fungo mentre, con la sola cottura, difficilmente si elimina in maniera totale. I residui ancora contenuti nel fungo cotto, mangiato in grosse quantità o in pasti ravvicinati, possono provocare avvelenamenti anche mortali. I sintomi compaiono fra le 6 e le 36 ore dopo il pasto. A disturbi intestinali di modesta entità, seguono gravi compromissioni del fegato accompagnate da disturbi neurologici, respiratori e renali.

 

Sindrome Lividica

 

Fra gli avvelenamenti da funghi, quelli causati dalla ingestione di Entoloma lividum e Tricholoma tigrinum meritano un posto a parte. Sembra infatti che contengano, specialmente il primo, delle sostanze simili alla Falloidina che sono in grado di produrre delle gravi lesioni a carico del fegato. Fortunata- mente questi funghi contengono anche altre sostanze tossiche che in un periodo di tempo molto breve sono in grado di irritare la mucosa gastrica e provocare il vomito avvertendo così dell'avvelenamento in atto. Intervenendo subito con emetici e lavande gastriche si liberano le vie digerenti dai veleni più pericolosi. I casi di morte da avvelenamento da Entoloma lividum sono numerosi, specialmente quando non c'è stato l'intervento del medico.

 

SINDROMI A BREVE INCUBAZIONE

 

Prima delle 3 ore dalla digestione compare gastro enterite acuta con vomito. gastralgie, e dolori addominali, diarrea che si attenuano rapidamente e scompaiono nel giro di poche ore. Gli studi in materia di intossicazioni fungine dimostrano che tale campo di indagine è ben lontano dall'essere conosciuto a fondo, non solo per quanto riguarda i meccanismi di azione dei componenti tossici, ma anche per le intossicazioni stesse: nuovi dati si aggiungono a quelli già conosciuti. A questo proposito degna di nota è la scoperta in base a recenti indagini chimiche, della presenza di alfa-amanitina in un piccolo fungo non raro finora ritenuto innocuo: la Galerina marginata. Tale sostanza citotossica risulta essere uno dei principali componenti tossici della mortale Amanita phalloides. Va fatto notare però per inciso che fino ad ora non si ha con certezza notizia di intossicazioni causate da Galerina marginata. Da segnalare inoltre il pericolo che certi tipi di avvelenamenti che un tempo si ritenevano confinati a paesi lontani per chilometri e cultura, possano invece in un futuro evidenziarsi anche da noi: ci riferiamo alle sindromi a prevalente impronta psicotropica dovute all'ingestione di specie appartenenti in gran parte al genere Psilocybe. Tali funghi contengono psilocibina la cui azione è simile a quella dell'acido lisergico; le specie maggiormente responsabili sono prevalentemente esotiche.

 

Sindrome Muscarinica

 

È causata dalla ingestione delle Clitocybi cerussata, dealbata e rivulosa e da alcune Inocybi. Il periodo di incubazione è breve ed i sintomi compaiono fra il 1/4 d'ora e le 3 ore dopo l'ingerimento del fungo. Iniziano con nausee, vomito, dolori addominali e diarrea. Si accompagnano abbondanti salivazioni, lacrimazioni, sudori profusi e restringimento della pupilla (miosi). La sindrome ha evoluzione benigna in poche ore. Si ha però notizia di casi mortali.

 

Sindrome Mico-atropinica

 

Questo avvelenamento è provocato dalla Amanita muscaria e pantherina. I veleni responsabili sono ad azione atropinica, anche se vi è associata muscarina. Fra la 1/2 ora e le 6 ore dalla ingestione compaiono dolori addominali diffusi e sudorazione. Solo raramente la diarrea. Seguono manifestazioni deliranti, allucinazioni visive, stato di grande eccitabilità psichica e convulsioni. Tutto il quadro è caratterizzato da allargamento della pupilla (midriasi). L'evoluzione è di qualche ora ed in genere benigna. Al risveglio il paziente mostra completa amnesia del periodo dell'avvelenamento.

 

Sindrome Coprinica

 

Responsabile di questo avvelenamento è il Coprinus atramentarius. I sintomi compaiono immediatamente alla ingestione associata del fungo con bevande alcoliche (vino, birra, superalcolici ecc.) e dimostrano una chiara intolleranza all'alcool. In genere nessun sintomo è a carico dell'apparato digerente. Tutto il quadro (effetto antabus) è caratterizzato da vampe di calore al viso, arrossamenti della pelle, da vasodilatazione, accelerazione del ritmo respira- torio e cardiaco. Qualche volta sono presenti nausea e vomito. L'evoluzione è sempre benigna. Occorre però ricordare che l'assunzione di alcool, anche a distanza di giorni, provocherà l'improvvisa comparsa della sintomatologia descritta.

 

Sindrome Resinoide

 

È causata dalla ingestione di funghi di molte specie. Le forme più gravi sono quelle provocate dalla Clitocybe olearia, dagli Entolomi nidorosum e lividum (a volte) e dal Tricholoma tigrinum (qualche volta). Le forme più lievi, invece sono quelle causate dal Boletus satanas, dagli Hebelomi, da Russule e Lactari tossici e dalla Clavaria pallida. Prima delle tre ore dalla ingestione compare gastroenterite acuta con vomito, gastralgie e dolori addominali, diarrea che si attenuano rapidamente e scompaiono nel giro di poche ore.

 

 A cura del Gruppo Micologico "G. Bresadola" di Arezzo

 

 

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